In questa seconda parte continuiamo il percorso iniziato nella prima parte, nella quale ci siamo chiesti che cosa non è il perdono, in modo da lasciar andare idee e convinzioni che possono ostacolarci nella pratica del perdono. Vediamo quindi altri tre aspetti di cosa non è il perdono
Letizia e Stefano Carboni
Il perdono è un tema complesso e delicato, che può essere trattato da diverse prospettive, che si integrano tra loro. Sentiamo che la prospettiva sul perdono che la tradizione di Thich Nhat Hanh (e il buddhismo in generale) ci offre ne è in qualche modo il nucleo, appunto il cuore.
Il modo per diminuire il nostro disagio non è eliminare o quanto meno diminuire ciò che ci mette in difficoltà, ma far crescere in noi una sempre maggiore capacità di far fronte al disagio, ciò che viene ai nostri giorni chiamato resilienza. Qualcosa che il nostro organismo è assolutamente in grado di realizzare, tramite il processo che viene chiamato “ormesi”.
Molto semplicemente, si tratta solo di stare in modo aperto e accogliente con la nostra esperienza, con tutto ciò che sperimentiamo durante la meditazione e, grazie a questo, fare amicizia con noi stessi, che è il senso stesso della meditazione e, in alcune tradizioni, la traduzione della parola stessa. Non dimenticando mai che, diversamente da qualsiasi altro aspetto nella vita, nella meditazione non c’è modo di sbagliare!
Il mondo che percepiamo dipende dalle “ipotesi migliori” del cervello, sulla base delle esperienze passate e delle convinzioni alle quali tali esperienze hanno dato forma.
Ciascuno di noi è portato a pensare di vedere le cose così come sono, di essere obiettivo. Ma la verità è un’altra: vediamo il mondo non come esso è, ma come noi siamo, come siamo condizionati a vederlo. Quando descriviamo quello che vediamo, in realtà descriviamo noi stessi, le nostre percezioni, basate sulle nostre convinzioni.
In un recente spunto di riflessione abbiamo condiviso un modo gentile per portare al nostro organismo rilassamento ed energia attraverso il respiro, in particolare attraverso la pratica del Respiro di coerenza.
Vorremmo oggi suggerire alcune indicazioni su come avvicinarsi a questa pratica, che nella nostra esperienza è di grande aiuto nel riequilibrare il nostro sistema nervoso, generando in noi calma ed energia allo stesso tempo.
Grazie a una delicata influenza sul respiro possiamo portare al nostro organismo rilassamento, energia e armonia. Il respiro rappresenta infatti un ponte tra la mente conscia e le funzioni automatiche dell’organismo, e ci permette così di avere un accesso diretto e di influenzare il nostro sistema nervoso autonomo: grazie a questo, attraverso il respiro, possiamo riportare equilibrio in noi stessi, come testimoniano discipline antiche come lo yoga.
Grazie a una delicata influenza sul respiro possiamo portare al nostro organismo rilassamento, energia e armonia. Il respiro rappresenta infatti un ponte tra la mente conscia e le funzioni automatiche dell’organismo, e ci permette così di avere un accesso diretto e di influenzare il nostro sistema nervoso autonomo: grazie a questo, attraverso il respiro, possiamo riportare equilibrio in noi stessi, come testimoniano discipline antiche come lo yoga.
Possiamo seguire il sentiero spirituale contenti di essere ciò che abbiamo scelto di essere, di fare la vita che abbiamo scelto di fare, accogliendo anzitutto noi stessi per ciò che siamo in questo momento. Il primo passo sul sentiero è infatti essere appagati e in pace con noi stessi, in pace con ciò che la vita ci ha dato, ora e fino ad ora, e semplicemente vivere, senza cercare di cambiare nulla.
Tutto quello che pensiamo, sentiamo, diciamo e facciamo da un momento all’altro, nonché ciò che siamo e come ci comportiamo, alla fine dipende dall’interazione tra attenzione e consapevolezza. La presenza rappresenta l’interazione ottimale tra queste due funzioni, quindi coltivare la presenza può trasformare il nostro modo di pensare, sentire, parlare e agire, e cambiare le cose in meglio. Può letteralmente trasformare chi siamo.