”Il cuore di ogni uomo comunica con ciò che fu in tutti i tempi, con ciò che è in tutti i luoghi.
Non esiste Buddha al di fuori del cuore… Fuori dalla realtà del cuore tutto è immaginario…
Contemplate nella calma perfetta, l’essere che è in voi, il fondo della vostra natura il vostro cuore.
Ecco il vero Buddha….”
(da un discorso di Bodhidarma all’imperatore W. nel 520)
Nella tradizione Zen c’è una famosa serie di dieci illustrazioni note come le icone del mandriano (o del bue) che rappresentano le tappe del sentiero spirituale. Camminando intorno ad alcuni templi in Cina, in Giappone e soprattutto in Corea si possono osservare in successione. Narrano la storia di un mandriano semplice e sincero che è alla ricerca di qualcosa. Vi è poi il bue che in realtà nelle immagini somiglia piuttosto a un bufalo ma che probabilmente, per ragioni di traduzione, viene descritto come bue. La storia tratta fondamentalmente del rapporto fra il mandriano e il bue. Ogni immagine ha un titolo ed è accompagnata da una poesia.
Nell’ultima immagine della serie il mandriano è in compagnia di un’altra persona di solito rappresentata come ben dotata e con una grande borsa piena di beni. Insieme stanno andando al mercato per dare tutto ciò che c’è nella borsa a coloro che ne hanno bisogno. Questa immagine si riferisce soprattutto alla compassione e al fatto che la meditazione non significa affatto avere esperienze incredibili. Ci fa vedere il nostro ritorno al mondo con spirito compassionevole. Nella borsa ci sono tutte le qualità che abbiamo coltivato: generosità, saggezza, compassione, amore, comprensione, chiarezza, empatia. Mentre ritorniamo al mercato cerchiamo di condividere queste qualità con gli altri; meditare non significa isolarsi in un posto tranquillo, ma poterlo fare anche in mezzo al rumore del mercato, tra la gente, mentre siamo occupati o stiamo lavorando con responsabilità. Solo allora diventa vera pratica, e il ritiro serve a prepararci a praticare al mercato. Dobbiamo cercare di condividere ciò che abbiamo scoperto e avere l’empatia necessaria per conoscere cosa fare. A qualcuno offriremo generosità, a un altro spazio, a un altro ancora ascolto, ma a volte può darsi che dobbiamo pensare solo a noi stessi, a come stiamo con noi stessi.
Le dieci icone mostrano che il cammino è un continuo apprendistato che non va visto in maniera lineare. Non comincia con la prima per finire con la decima. Non si deve pensare, ad esempio, che per la prima fase siano necessari due anni, per la seconda cinque e così via. Dobbiamo piuttosto immaginare una spirale, dove in ogni momento potremmo trovarci in qualsiasi fase. Possiamo attraversare la spirale per poi tornare al punto di partenza, ma avendo un po’ più di comprensione. (…) Bisogna capire che lungo il sentiero non si procede dritti verso la perfezione, ma che si può salire, scendere o rimanere fermi. Nessuno può saperlo in anticipo. Ciò che conta è continuare a sentirsi a proprio agio. Il sentiero consiste nel realizzare interamente le nostre potenzialità e dal momento che sono così numerose come le condizioni avremo sempre qualcosa su cui lavorare. Secondo me non c’è alcun posto, alcuna immagine in cui riposare. È come se danzassimo e giocassimo attraverso queste immagini.
(tratto da un discorso di Martine Batchelor)