COSA SONO E COME NASCONO LE SENSAZIONI?
Sulla base della nostra comprensione, vorremmo iniziare a rispondere in modo molto elementare e schematico alle tante domande che abbiamo ricevuto in merito alle sensazioni come oggetto della pratica nella meditazione. Lo facciamo sulla base di ciò che abbiamo imparato (in particolare grazie all’insegnamento di Helga e Karl Riedl) e abbiamo poi sperimentato.
Immaginiamo un iceberg che galleggia nell’acqua: come sappiamo, al disopra della superficie possiamo vedere soltanto una piccola parte dell’iceberg, mentre la sua quasi totalità è sommersa. Questa piccola parte emersa è però molto importante, perché ci dice: “Attenzione, qui c’è un iceberg!”.
Le nostre sensazioni sono come la punta dell’iceberg. Quando percepiamo che “sopra” nasce una sensazione, vuol dire che “sotto” molte cose sono già accadute. È quindi molto importante che ci occupiamo delle sensazioni – la punta dell’iceberg – per poter accedere alle nostre parti “sommerse” – il resto dell’iceberg. Spesso infatti riconosciamo troppo tardi ciò che è avvenuto in noi e abbiamo quindi l’impressione di essere guidati da qualcosa di sconosciuto. Grazie alla pratica della consapevolezza questa nostra parte diventa ai nostri occhi sempre più visibile e chiara.
Cosa sono le sensazioni?
In questo contesto con sensazione intendiamo il basilare ed esistenziale sentire del nostro organismo che, come conseguenza di un contatto con un oggetto dei sensi, può “colorarsi” in tre modi diversi:
- Neutro: “Ciò con cui sono entrato in contatto non ha alcun effetto su di me”.
- Piacevole: “Ciò con cui sono entrato in contatto mi fa bene”, nel qual caso il nostro organismo tende a muoversi VERSO quella cosa.
- Spiacevole: “Ciò con cui sono entrato in contatto non mi fa bene”, nel qual caso il nostro organismo tende a ritrarsi DA quella cosa.
Questi movimenti e valutazioni avvengono in modo molto rapido e automatico: per riuscire a cogliere questi sottili movimenti è necessaria dunque molta consapevolezza.1Il termine “sensazione” in realtà non traduce correttamente il termine sanscrito “vedana”, nel quale è contenuta anche quest’idea che noi in qualche modo reagiamo a quel contatto iniziale, nei tre possibili modi che abbiamo appena elencato.
Come nascono le sensazioni?
Semplificando molto le cose, la vita consiste di una serie continua di reazioni del nostro organismo al contatto con ciò che è fuori e dentro di noi.
All’inizio c’è un contatto, ad esempio vediamo qualcosa, il che significa che necessariamente si riuniscono tre elementi:
- Qualcosa da vedere (oggetto dei sensi)
- Gli occhi che possono vederlo (organo di senso)
- Una relativa coscienza visiva che emerge dal contatto tra oggetto e organo di senso (coscienza – il nostro “sesto” senso)
A causa di questo contatto qualcosa in noi comincia a muoversi, dapprima come una sensazione corporea, anche molto piccola e sottile.
Da questa, come detto, nasce un orientamento dell’organismo (sensazione): il sistema tende a muoversi verso quell’oggetto, ad allontanarsi da esso o non fare nulla.
Tra il contatto e le sensazioni c’è dunque qualcosa di cui in genere non siamo consapevoli che orienta la nostra reazione, come ad esempio:
- i nostri istinti biologici: “programmi” che per così dire valutano il contatto. Ci dicono a un livello molto semplice, esistenziale: “Non è pericoloso” (piacevole), “È pericoloso” (spiacevole), “Non c’è bisogno di reagire” (neutro);
- condizionamenti: i nostri giudizi, abitudini, influssi culturali, esperienze personali e così via.
Dalla sensazione nasce poi qualcosa che ci muove verso un’azione, l’orientamento interno della sensazione riceve cioè una direzione.
SENSAZIONI NEUTRE
“La felicità dipende dalla nostra consapevolezza. Quando avete mal di denti pensate che la felicità consista nel non avere mal di denti. Poi il dolore passa, ma di nuovo non siete felici. Praticando la consapevolezza diverrete di colpo molto ricchi, molto molto felici. Praticare il Buddhismo è un modo intelligente per godersi la vita. La felicità è già pronta, servitevene! Tutti possiamo trasformare le sensazioni neutre in sensazioni piacevoli e farle durare a lungo. Proprio in questo consiste la nostra pratica della meditazione seduta e camminata. Se voi siete felici tutti ne trarranno beneficio. La società. Tutti gli esseri viventi”. (Thich Nhat Hanh, “Essere Pace” Ubaldini 1989)
PRESENZA INCARNATA
“Fermare la mente non significa fermare le attività della mente.
Significa che la mente pervade tutto il corpo“. (Shunryu Suzuki)
La consapevolezza non è un’attività del pensiero, è un’esperienza sensoriale che coinvolge tutto il corpo. Il linguaggio del corpo è la sensazione, ed è attraverso le sensazioni che ci mettiamo in contatto col corpo. Ciononostante, ci concentriamo così tanto sul calmare la mente che a volte dimentichiamo che la meditazione avviene nel corpo, che la nostra esperienza corporea è l’oggetto della meditazione. Quando ci sediamo a meditare, spesso finiamo per cercare di sottomettere una mente fuori controllo, apparentemente dimenticando il ruolo del corpo nella pratica. Perché accade questo? Parte della ragione è che stare nel corpo non è facile. Per molti di noi, il corpo può essere un luogo in cui è presente dolore e confusione, a causa delle emozioni che lo abitano.
A volte la pratica della consapevolezza non riesce a risolvere problemi emotivi profondi, per i quali potrebbe essere invece necessario un sostegno psicologico, che ci aiuti a comprendere e attraversare le nostre emozioni e i nostri comportamenti. In ogni caso, coltivare una maggiore consapevolezza delle sensazioni ed emozioni attraverso la meditazione può essere un potente strumento per riconoscere e rilassare le tensioni fisiche ed emotive che tratteniamo nel corpo.
Visto che in genere non ci viene insegnato come occuparci del nostro contenuto emotivo, purtroppo ci rimane l’abitudine di rifugiarci nel torpore, di evitare e sopprimere ciò che sperimentiamo nel corpo. Grazie a una presenza “incarnata” possiamo lasciar emergere queste sensazioni ed emozioni in noi e farci amicizia, incontrandole con delicatezza e gentilezza. Sviluppando la nostra capacità e il coraggio di sentire, possiamo man mano riconoscere che il nostro mondo interiore non è qualcosa di cui aver paura e da cui fuggire.
Il passaggio dal contatto con l’oggetto dei sensi alla sensazione, da qui alla percezione e infine alla risposta condizionata può essere così rapido che non riusciamo a distinguere l’iniziale esperienza sensoriale e la nostra successiva reazione a essa. Grazie alla pratica della meditazione possiamo iniziare a distinguere meglio questo rapido passaggio e capire in che modo quelle sensazioni sono contenute nel corpo, dando luogo a una complessa vita emotiva.
In conclusione, la pratica della meditazione non consiste nel domare la mente, in modo da raggiungere uno stato di stabilità e di pace. Nell’entrare in contatto con quella pace e stabilità il corpo può essere il nostro alleato principale: quando intorno a noi sperimentiamo tanta confusione, quando i nostri pensieri si affollano, quando le emozioni imperversano, il corpo è sempre lì, fedele, presente e stabile. Paradossalmente, la chiave per coltivare la presenza mentale è in realtà la presenza del corpo!
DOMANDE E RISPOSTE
Vorremmo provare a rispondere ad alcuni dubbi e domande che sono stati espressi in relazione alla consapevolezza delle sensazioni.
Cosa fare quando praticando la consapevolezza delle sensazioni appare un pensiero, un’emozione o un altro stato mentale che richiama l’attenzione?
Cosa fare se emerge una nuova sensazione, passiamo a quella emersa o restiamo su quella di prima?
Cosa fare se volendo portare l’attenzione a una sensazione si aggiunge un pensiero o la percezione si carica di un’emozione legata alla sensazione?
La consapevolezza delle sensazioni non è molto diversa dalla consapevolezza del respiro, che poi altro non è che consapevolezza delle sensazioni che il movimento del respiro genera nel corpo, e quindi è sempre consapevolezza delle sensazioni. Col vantaggio che il respiro si accompagna a un movimento, che nell’esperienza di molti favorisce la presenza.
La sensazione che abbiamo scelto di sentire è quindi il nostro oggetto di meditazione e, come per il respiro, ci esercitiamo a ritornarvi ogni volta che l’attenzione si distrae. Se nasce un pensiero, un’altra sensazione o un’emozione, semplicemente riconosciamo ciò che è emerso e, al meglio che possiamo, ritorniamo alla sensazione.
Grazie a questo ritornare, che è il cuore della nostra pratica, facciamo crescere in noi la pazienza e l’accoglienza, viste le infinite volte che l’attenzione si distrae in pochi minuti di meditazione! Il momento in cui ci accorgiamo che abbiamo abbandonato l’oggetto della meditazione, è un vero e proprio momento di “risveglio” e come tale va festeggiato ogni volta; ritornando poi con pazienza al respiro, alla sensazione o a quello che è l’oggetto della pratica che stiamo seguendo, lasciando andare sempre più i commenti e i giudizi che possono essere sorti in noi per esserci distratti.
L’aspetto più importante è proprio essere gentili con noi stessi. Portiamo l’attenzione al respiro o alla sensazione con estrema delicatezza, senza esercitare la volontà (che inevitabilmente fa emergere pensieri ed emozioni). E con altrettanta delicatezza vi ritorniamo ancora e ancora ogni volta che l’attenzione si distrae. Con la stessa delicatezza con la quale una farfalla si appoggia su un fiore, poi vola via per qualche momento e dopo un po’ si appoggia di nuovo sul fiore.
La meditazione non è una lotta, è un momento che ci dedichiamo per nutrire la nostra anima, accogliendoci col cuore aperto, incasinati e meravigliosi così come siamo…
Sensazioni è sinonimo di percezioni?
Pur avendone grande rispetto e considerazione, non siamo molto esperti degli aspetti teorici della pratica: desideriamo ugualmente dare una risposta a questa domanda, condividendo la nostra comprensione in merito.
In ambito scientifico occidentale, semplificando le cose, con sensazione si intende l’esperienza soggettiva associata a uno stimolo fisico e implica la registrazione e la codifica dell’informazione contenuta nello stimolo da parte degli organi di senso.
Con percezione si intende invece la capacità di recepire, elaborare e interpretare l’informazione contenuta nello stimolo, estraendone rappresentazioni organizzate, significative e utili.
Nell’insegnamento del Buddha sensazione e percezione sono due dei cinque aggregati (skanda):
- La forma
- La sensazione
- La discriminazione/percezione
- Le formazioni mentali
- La coscienza
Come abbiamo condiviso nel testo “Cosa sono e come nascono le sensazioni?”, tutto inizia con il contatto, il che significa che necessariamente si riuniscono tre elementi: un oggetto dei sensi, un organo di senso e la relativa coscienza che emerge dal contatto tra oggetto e organo di senso.
Dal contatto sorge un’esperienza, la sensazione.
A seconda del tipo di esperienza avuta – piacevole, spiacevole o né piacevole né spiacevole – la mente inizia a inclinarsi, a indirizzarsi verso un certo tipo di risposta. Incomincia cioè a discriminare l’esperienza in base alla valutazione che ne dà.
Se l’esperienza è stata piacevole, la mente si inclinerà verso il desiderio di possedere quell’“oggetto”, se è stata spiacevole verso il desiderio di liberarsene, se è neutra verso una sorta di indifferenza. Questa inclinazione è ciò che viene in genere definito percezione: la discriminazione tra i diversi tipi di esperienza che indirizza la mente in uno stato di desiderio, repulsione o indifferenza. É una sorta di spartiacque, che dirige la mente verso, ad esempio, uno stato di gioia (o comunque “positivo”) o di tristezza (o comunque “negativo”).
Occorre una chiara consapevolezza per interrompere in questo punto la sequenza messa in moto dal contatto, evitando che una sensazione inneschi la discriminazione della percezione, e la sofferenza che può scaturirne.
Quando provo a portare la consapevolezza alle sensazioni non sento nulla
Capita a volte di avere difficoltà legate alla consapevolezza delle sensazioni: la difficoltà di percepire le sensazioni neutre o addirittura quella di percepire ogni sensazione nel corpo. Si tratta di qualcosa che tutti, più o meno, sperimentiamo. Siamo stati cresciuti con l’idea che il corpo sia un oggetto da conoscere e che ciò che conosce il corpo sia un qualche ”io”, che abita da qualche parte nella testa. Percepiamo così il corpo come “altro”, distinto dal nostro essere.
Anche se ultimamente le neuroscienze hanno riconosciuto che cervello e corpo sono così intimamente intrecciati da non poter essere pensati separatamente, che il nostro modo di conoscere sia per così dire “incarnato”, il modo in cui viviamo è diventato per molti di noi ancora meno incarnato che in passato. Le macchine rendono superflui molti degli impegni del corpo su cui in passato facevamo affidamento per sopravvivere. Non c’è quindi da stupirci se abbiamo momentaneamente perso la capacità di sentire.
Siamo così spesso persi lassù, nella testa, impigliati nelle catene di pensieri che attraversano la mente, che abbiamo perso contatto con il campo delle sensazioni del momento presente. Quando siamo distratti, perdiamo di vista la posizione del corpo nello spazio, il respiro, la sensazione di essere radicati a terra.
Oltre ai rischi fisici di una vita sedentaria, questa “disincarnazione” rappresenta un rischio per la nostra salute emotiva. Si è comprensibilmente scoperto che una diminuzione (aumento) nella capacità di percepire le sensazioni e le esperienze del corpo si accompagna a una decrescente (crescente) capacità di identificare e regolare le emozioni.
Per questo motivo è fondamentale accrescere sempre più la nostra consapevolezza delle sensazioni, la connessione e la sintonia con il corpo e i sensi. Possiamo allora pensare alla consapevolezza come a una presenza “incarnata”, uno stato in cui siamo in ascolto del corpo, in cui la divisione tra mente e corpo si dissolve. Uno stato in cui l’attenzione viene riversata dalla mente pensante al sentire e percepire ciò che sta accadendo nel momento presente. Spostiamo e riportiamo ancora e ancora, con pazienza, l’attenzione dalla ruminazione mentale a una consapevolezza rilassata e raccolta, ricettiva, in ascolto.
Ascoltando in questo modo possiamo scoprire ciò che solo il corpo conosce, ad esempio la sensazione del peso del corpo, della spinta della gravità, che può offrire alla mente un rassicurante senso di radicamento.
Questa presenza incarnata è già presente in ognuno di noi, la pratica della meditazione è la via che ci permette di riprendere sempre più i sensi, di tornare sempre più a sentire il corpo, ad abitare il corpo e dimorare nel suo vivere necessariamente e sempre nel momento presente, fino a percepire la profonda unione di mente e corpo.